Presidenza F.I.S.E.: ora i candidati sono due.

Articolo pubblicato sul numero di Agosto 2014 di "Cavalli e Cavalieri".
Articolo pubblicato sul numero di Agosto 2014 di “Cavalli e Cavalieri“.

Abbiamo scritto che per candidarsi alla presidenza FISE ci vuole davvero un gran coraggio. La situazione è disastrosa non solo da un punto di vista finanziario ma anche perché l’ambiente appare dilaniato da anni in cui la federazione è stata dominata da logiche di potere e di clientele. Cosa l’ha spinto ad avanzare la sua candidatura?

Innanzitutto la passione per questo sport. Ho 46 anni e monto a cavallo da quando ne avevo 7. L’unica parentesi durante la quale ho “appeso gli stivali al chiodo” è stata fra il 1994 e il 2002 perché ho scelto di concentrarmi sulla creazione della mia professione. Oggi quella scelta mi consente di poter fare entrambe le cose senza avere interessi economici nell’equitazione e potendo derivare dall’esperienza del mondo del lavoro tante informazioni e relazioni utilissime anche per il mondo sportivo. La passione mi ha spinto a creare una scuderia dove, con alcuni amiappassionati, ci dedichiamo ai cavalli giovani e siamo anche riusciti a mettere i nostri cavalli a disposizione della prima squadra di salto ostacoli. Confesso, una bella soddisfazione.

Arrivo così al secondo motivo che mi ha spinto a candidarmi: serve un ricambio generazionale non solo in senso anagrafico

ma anche dal punto di vista dell’approccio e della capacità di proiezione nel futuro. Sicuramente è vero che il tempo oggi è un bene prezioso ma bisogna anche avere il coraggio di spendersi per ciò in cui si crede non restando a lamentarsi da bordo campo. Considero il Presidente federale un primus inter pares in un Consiglio di persone disposte a ragionare nello stesso modo: si offrono le proprie competenze e professionalità per una Federazione che deve poter guardare al futuro a testa alta. Nella squadra ci sarà posto solo per persone consapevoli che siamo chiamati a dare un servizio, non a gestire potere.

E un altro motivo per cui micandido l’ho capito da pochianni. Sono un orgoglioso papàdi 4 bambini, 3 dei quali muovono già i primi passi nel mondo equestre. Come ippogenitore vorrei una Federazione capace di trasferire valori etici, di equità, di meritocrazia, insomma quelli che secondo me sono i veri valori dello sport anche se sembreremmo averlo dimenticato. Da lì dobbiamo ripartire.

L’equitazione italiana sta vivendo un momento di grave crisi a tutti i livelli. I primi a farne le spese sono i centri ippici che fanno sempre più fatica non solo a far quadrare i conti ma anche a star dietro alle normative di ogni genere che rendono la gestione di un centro sempre più complessa e costosa. Cosa pensa che la FISE potrà fare per aiutare i centri a venir fuori da questa fase molto difficile?

Faccio l’imprenditore in Italia, conosco e convivo con la crisi che ci attanaglia. Sono tempi duri per tutti, non ci dobbiamo vergognare se fatichiamo ad arrivare a fine mese e non troviamo ricette magiche.

Mi scuso fin da ora con i puristi e gli idealisti dello sport, ma – solo per rispondere a questa domanda – provo ad immaginare la Federazione come un’azienda che venda in maniera monopolistica un prodotto chiamato sport equestre, dove il risultato olimpico è un mezzo necessario per aumentare la visibilità del nostro prodotto. I circoli ippici, e con essi gli istruttori, sono l’anello produttivo della nostra filiera, sono quelli che quotidianamente investono, rischiano e faticano per l’equitazione e dunque direttamente o indirettamente per la FISE. E’ evidente che la Federazione deve cambiare atteggiamento.

Il nostro compito non sarà quello di imporre in maniera autoritaria regole o tasse, ma quello di concertare le soluzioni con tutti i cosiddetti “stakeholders” cioè con tutti coloro che, a vario titolo, sono portatori di interessi, tutti coloro che possono agevolare o ostacolare il processo. Anche verso i centri ippici la Federazione, sia a livello centrale sia territoriale, deve essere un centro servizi di supporto, formazione e informazione. La Federazione dovrà fornire assistenza legale per affermare e difendere i principi che tutelano la filiera, e al tempo stesso dovrà svolgere un’attività di formazione e informazione per i propri affiliati al fine di consentirgli di operare sempre nel rispetto della legalità. Sarà parallelamente necessario innescare un dialogo proficuo con Autorità e Istituzioni quali l’Agenzia delle Entrate e il Ministero dei Trasporti per concordare interpretazioni chiare ed univoche delle molteplici leggi che ci governano.

Nei centri ippici il ruolo dell’istruttore è fondamentale. Cosa pensa si debba fare per aiutare gli istruttori a svolgere il loro compito in un ambiente che sappia proteggerli e qualificarli al meglio?

Non c’è dubbio che il ruolo dell’istruttore sia fondamentale. Lo è sia al livello amatoriale sia a quello agonistico, olimpico o meno. Lo sport insegna valori sani e fornisce modelli di vita puliti. In questo senso la Federazione ha il dovere di dettare il livello di riferimento ed essere esempio di etica ed è giusto che questo sia fatto anche dagli istruttori. Ma questo dell’etica è un argomento che rischia di diventare fuorviante. Sono convinto dell’importanza di un’adeguata formazione rivolta agli istruttori. La formazione a cui penso ha certamente a che fare con la parte sportiva di aggiornamento costante ma anche con questioni legate alla loro tutela assicurativa e alla loro capacità di valutare il proprio rischio professionale e, non ultimo, la loro tutela legale. Circa la formazione devo evidenziare che la Federazione utilizza modelli adottati e condivisi con il CONI, per questo è mia intenzione proseguire nel dialogo con l’obiettivo di implementare l’e-learning al fine di limitare i costi degli aggiornamenti. Questo dialogo con il CONI ha anche un altro obiettivo parecchio ambizioso: arrivare ad aprire una posizione previdenziale per gli istruttori. Si tratta di un argomento molto complesso perché necessita del coinvolgimento di tutti i tecnici sportivi ma, con il supporto del CONI e dei tecnici coinvolti, sarà possibile aumentare il nostro potere contrattuale e ottenere il miglior trattamento possibile.

Da un paio di anni a questa parte si sente parlare di “trasparenza”. La invocano tutti e lo stesso presidente del CONI Malagò l’ha definita un elemento essenziale nella gestione dello sport. Purtroppo la trasparenza è ancora la grande assente in FISE. Come pensa in concreto di risolvere questo problema e fare in modo che i tesserati e gli associati possano esercitare il sacrosanto diritto a sapere come vanno le cose nella federazione che loro stessi finanziano?

Ci aspettiamo esempi concreti e non genericiproclami. La trasparenza è essenziale, ha ragione Malagò. Per ottenerla alcuni passaggi sono necessari ma, a ben vedere, la maggior parte di essi è già prevista dal nostro statuto e da leggi dello Stato.

Mi riferisco ad esempio alla pubblicazione dei bilanci, dei compensi e delle sentenze della giustizia federale. A questo bisognerà aggiungere le regole del buon senso che inevitabilmente conducono a effettuare gare per acquisti e forniture rilevanti, comunicarne le aggiudicazioni, applicare il principio dei tre preventivi prima di deliberare qualsiasi affidamento, e poi effettuare e pubblicare una verifica semestrale del bilancio preventivo, pubblicare i resoconti contabili di eventuali manifestazioni federali e, infine, fornire un dettaglio “leggibile” dei bilanci previsionali e di esercizio. Eccoci dunque nuovamente all’idea della necessità di “amministrare” nell’interesse comune per raggiungere gli obiettivi condivisi e non invece gestire autonomamente il potere. La Federazione ha già un sito internet che potrebbe diventare lo strumento principe per informare tutti coloro che lo desiderano, dobbiamo semplicemente usarlo nel modo corretto e secondo coscienza.

La FISE degli ultimi quadrienni è sempre stata caratterizzata da una gestione di vertice con il presidente e il segretario che di fatto facevano il bello e il cattivo tempo lasciando al Consiglio e anche alla Consulta delle Regioni davvero poco spazio per partecipare attivamente sia nella fase decisionale che in quella della gestione e del controllo. I danni di questo sistema sono sotto gli occhi di tutti. Quale è lo schema organizzativo che vorrebbe mettere in pratica?

Nel mio breve mandato da Consigliere mi sembrava di partecipare ad una bella crociera su navi enormi, ogni tanto apri l’oblò e sei in un porto nuovo. Lo stesso in Consiglio. Venivo convocato una volta al mese e trovavo una o più riforme di disciplina da approvare, senza nessun dibattito o scambio di idee. In un solo Consiglio ne abbiamo fatte cinque! Ritengo invece che il Consiglio debba essere luogo di dialogo e confronto sempre e che i consiglieri necessitino di avere deleghe e responsabilità

precise. Sto cercando di individuare appassionati che siano in grado di mettere a disposizione la professionalità e le competenze necessarie alla gestione federale. Immagino due vice presidenti operativi, uno con delega allo sport e uno con delega alla gestione. Il Vice presidente con delega allo sport ha come riporto i tre Consiglieri di categoria che a loro volta hanno come riferimento il direttore sportivo. L’altro vice presidente ha in linea 6 consiglieri ciascuno con delega precisa: all’amministrazione, alla finanza, al marketing, ai rapporti istituzionali, ai rapporti interni, al centro studi, e sotto tutti hanno il Segretario generale. I profili che immagino sono quelli di appassionati, dotati di professionalità e che dimostrino con la loro storia un effettivo ricambio generazionale. Non cerco “yes men” o “persone fidate”. Ritengo, infine, che gli impegni di spesa debbano prevedere la doppia firma del Presidente e di almeno uno dei Vice presidenti.

Il nostro sport non ha un’offerta capace di attrarre i giovanissimi delle scuole elementari e medie. Vincere la concorrenza di nuoto, tennis, pallacanestro è oggi praticamente impossibile per la mancanza di una seria organizzazione nel settore dei pony games. Cosapensa di fare perché questo settore abbia finalmente una importanza strategica nella equitazione italiana?

Mai domanda più gradita. Quando ci concentriamo sullo sport di vertice senza curare la base è come se guardassimo una piramide con la punta in giù. A fine giugno invece di andare a cercare visibilità allo CSIO junior di Arezzo, sono andato al Campionato italiano Club. E’ bellissimo vedere l’entusiasmo che anima i giovani e le famiglie, ma è incredibile il legame che si crea tra pony e bambini. E’ evidente che il pony ha una capacità attrattiva enorme. Su questo possiamo costruire una linea di marketing e promozione capace di conquistare l’interesse sportivo dei più piccoli e delle loro famiglie.

Purtroppo nell’occasione del Campionato italiano Club ho notato l’assoluta assenza di rappresentanti FISE e un numero limitato di partecipanti. E’ mia intenzione investire molte energie per l’ampliamento della base istituendo un dipartimento dedicato alla promozione e sviluppo. Sul tema mi risulta che la Federazione negli anni passati aveva lavorato molto e credo che vada capitalizzato quell’investimento. I costi dell’attività pony games sono concorrenziali con qualsiasi altro sport. Del resto, quello che ha fatto questo settore in Francia è un successo sotto gli occhi di tutti, i numeri parlano da soli. In Francia i bambini iscritti alla sezione pony games sono più di cinquecentomila. Oramai la concorrenza con gli altri sport si affronta già tra i più giovani e un esempio lo troviamo nella pallacanestro con il minibasket. Noi dobbiamo essere più competitivi e il nostro amico pony ci aiuterà. Mi sembra inutile parlare di vertice se la base è stretta!

Come vede il rapporto tra la FISE e gli enti di promozione sportiva tipo SEF Italia?

In maniera diametralmente opposta alla politica federale degli ultimi anni: gli enti di promozione sono realtà importanti, riconosciute dal CONI, svolgono un compito utile sul territorio e con essi si possono creare delle ottime sinergie. La loro attività ludica offre agli appassionati di base costi più competitivi dei nostri. A mio giudizio non possiamo e non dobbiamo andare in concorrenza, ma dobbiamo consentire agli enti di promozione di svolgere la loro missione associativa, rispettando le regole, e cercare di fare in modo che avviino il maggior numero di persone all’attività agonistica. Dobbiamo quindi lavorare in sinergia con loro e non contro, come purtroppo è stato spesso fatto in passato.


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