
Marco Di Paola si è candidato alla presidenza della Fise per dare il suo contributo a modificare l’impasse in cui versa la Federazione. L’importanza dell’innovazione. Le proposte da realizzare.
Avv. Di Paola, per ottobre dovrebbe essere indetta un’assemblea che determinerà le modifiche statutarie. Cosa significa esattamente?
Bisogna premettere che il CONI è formato da 45 Federazioni e che la legge di riferimento, il cosiddetto decreto Melandri, detta regole uguali per tutti. Perciò le nostre modifiche statutarie devono avvenire nel rispetto del quadro normativo di riferimento. Giungono da più parti richieste innovative come quella di concedere il voto a tutti i tesserati o di poter eseguire le operazioni di voto online. Sono obiettivi certamente auspicabili, però è necessario che le Federazioni seguano le linee guida fornite dal CONI e quindi l’orientamento che sembra essere prevalso è quello di concentrare l’attenzione sul tema focale della riduzione del numero delle deleghe.
Mi spiego meglio: attualmente vi sono circa 1500 circoli che votano. Di questi circoli, esprimono la propria preferenza il Presidente e i tre Consiglieri di specialità, ossia Proprietario, Atleta e Tecnico. Per favorire una maggiore rappresentatività, il CONI prevede che ogni Presidente di circolo possa disporre di un numero di deleghe variabile da una a sette. Ad oggi il nostro statuto federale accorda al Presidente sia la possibilità di delegare sia quella di disporre di sette deleghe mentre i tre consiglieri di specialità non possono delegare. Inoltre il voto del Presidente del circolo vale sette voti. Purtroppo di questa opportunità di delega è stato fatto un utilizzo distorto, per cui si sono creati dei potentati che, monopolizzando le deleghe, rendevano il momento del voto un’occasione di scambio di favori a vantaggio di un candidato. Faccio un esempio: se si riescono ad ottenere cento deleghe, si raggiungono 700 voti! Questa è la situazione che si è creata negli ultimi anni e che ha portato ad avere un presidente federale ostaggio dei portatori di deleghe e dei comitati regionali, soprattutto di quelli più importanti.
La FISE versa in una situazione difficile. Cosa la spinge ad intraprendere questa nuova, impegnativa impresa?
Il motivo principale è certamente la mia passione per questo sport che oramai vivo e pratico da 35 anni. In secondo luogo l’ambizione personale di raggiungere un risultato. In terzo luogo sono un imprenditore che fortunatamente ha avuto qualche successo nella propria professione ed insieme penso che ciascuno di noi debba spendersi per qualcosa in cui crede, per questo vorrei dare il mio contributo per ammodernare la Federazione in direzione manageriale ed etica. Purtroppo le Federazioni, nel tempo, si sono permesse di ragionare come autorità che imponevano regole e tasse ma, se questo poteva avere senso fintanto che il Totocalcio inondava di soldi lo sport, disincentivando la cura della qualità dei servizi erogati, oggi questa visione non è più né attuale né possibile. Dobbiamo essere in grado di erogare servizi adeguati alle esigenze della nostra variegata utenza, perché obiettivo della Federazione è sì quello di ottenere medaglie olimpiche, ma anche quello di allargare la base dei praticanti. Per questo, in un’ottica di customer satisfaction, dobbiamo anche saper accontentare e “coccolare” chi vuole solo divertirsi il fine settimana e che, tra l’altro, rappresenta il maggior numero di tesserati. In ultimo, non però per importanza, sono padre di quattro bambini di cui tre figlie gemelle da poco introdotte nel mondo dei pony. Proprio come ippogenitore vorrei una Federazione in grado di trasmettere i veri valori dello sport e capace di creare ecosistemi sani in cui i nostri figli possano crescere certamente come cavalieri e amazzoni, ma soprattutto come essere umani.
Con quale programma ha in mente di realizzare tutto questo?
Le difficoltà finanziarie della Federazione sono sotto gli occhi di tutti e mi sento di riconoscere ai Commissari il merito di aver lavorato fino ad ora con grande energia, creando le necessarie precondizioni per il risanamento. Sfortunatamente ricette magiche non ce ne sono, dunque non basterà agitare una bacchetta perché tutto torni in ordine. Al contrario credo ci voglia una grande dedizione e una buona dose di innovazione per affrontare la sfida con successo. Il mio progetto, sul quale mi confronto costantemente con i diversi livelli del mondo equestre italiano, parte dall’idea di suddividere la questione in due parti: sport ed economia. Partiamo dalla situazione economica. È sicuramente quella in cui ho più competenza e per questo ritengo che una Federazione con un giro di affari da circa 16 milioni di euro possa trovare al suo interno la forza di appianare un debito che, come sappiamo, supera i 7 milioni. Attraverso un’oculata e più etica gestione della spesa, una maggiore attenzione nel generare introiti e un finanziamento, potremmo eliminare, negli anni successivi, questo deficit senza togliere risorse allo sport. Sono convinto che il prodotto commerciale che vendiamo, e che si chiama sport, debba essere pensato con criteri più manageriali, avvalendosi dunque di strategie di marketing, di merchandising e di fund raising perché la Federazione, a mio avviso, è un’impresa che deve concretamente seguire logiche aziendali i cui risultati siano quantificabili.
Bisognerebbe, per prima cosa, definire un organigramma federale capace di utilizzare al meglio le risorse professionali interne, motivandole e facendole crescere in modo sempre più qualificato, limitando, di conseguenza, l’utilizzo di risorse esterne che troppo spesso hanno comportato costi molto elevati.
Inoltre, e qui corro il rischio di diventare impopolare, si potrebbe realizzare un piano di riduzione dei costi studiando, anche
in accordo con il CONI, degli scivoli di prepensionamento specifici per alcune figure prossime a quel passaggio.
Un punto che non mi stanco di ripetere riguarda la moralizzazione dei compensi dei consulenti e degli staff tecnici e l’esigenza di far sapere alle migliaia di tesserati come la Federazione spende il denaro che le viene affidato.
La moralizzazione degli stipendi e quella dei costi in generale, sono temi delicati. Perché il mondo equestre dovrebbe seguirla su questa strada?
Perché bisogna avere il coraggio di parlare chiaro e agire di conseguenza, solo così possiamo rendere il mondo più semplice e trasparente. Le Federazioni, non solo la nostra, hanno una gestione monopolistica delle entrate e sembrano dimenticare che i soldi provengono dai tesserati.
Abbiamo tutti il dovere di mettere gli utenti al corrente delle spese sostenute, giustificandole. Inoltre c’è una legge, anche se spesso si fa finta di non averla vista, che impone di rendere pubblici gli incarichi e le posizioni reddituali degli organi di indirizzo politico e di amministrazione e gestione.
Per non parlare, poi, degli strumenti tecnologici di cui disponiamo oggi che ci consentono di pubblicare sui siti internet informazioni dettagliate e gare d’appalto a cui tutti devono poter partecipare. Insomma trasparenza, partecipazione e condivisione sono alla base del lavoro che dobbiamo fare. Penso che ormai la maggior parte delle persone abbia capito che i “vecchi metodi”, alla lunga, non pagano e, soprattutto, che l’interesse comune è più importante di quello delle piccole nicchie.
È proprio per l’interesse comune che io intendo lavorare e vorrei poterlo fare con il sostegno e la partecipazione attiva dei più.
Sul tema organizzativo-gestionale, invece, quali sono le sue proposte?
Fino ad ora la Federazione è stata vista come una monarchia: c’era un Presidente che comandava, un Segretario Generale che eseguiva ed un Consiglio che ascoltava, ma non consigliava. Vorrei sostituire questo “consiglio di persone fidate”, con un consiglio di persone “in gamba”, in grado di prendersi delle responsabilità, mosse da una passione vera e non occasionale e, soprattutto, con delle competenze professionali personali che possano essere portate gratuitamente all’interno della Federazione. Immagino, cioè, un consiglio che abbia deleghe su argomenti relativi alla gestione della Federazione e non sulla squadra di Piazza di Siena, o su quella di Verona o degli Europei. Vorrei, inoltre, che i consiglieri venissero suddivisi in due ambiti, attività amministrativa e sport, guidati da due vicepresidenti.
Ricapitolando: un vicepresidente con delega all’attività amministrativa ed uno con delega allo sport. Come verrebbero ripartite le figure all’interno dei due ambiti?
Al vice presidente con delega allo sport dovrebbero fare riferimento i tre consiglieri di categoria ed il direttore sportivo, figura che manca oramai da tre anni nella struttura organizzativa della FISE e che va al più presto reintrodotta. Vorrei anche istituire un Centro Studi con funzione di “laboratorio delle teste pensanti” dove si predispongano le riforme da condividere con la base per il tramite dei comitati regionali prima di arrivare in Consiglio per essere deliberate.
Sento sempre muovere delle critiche nei confronti dei nostri criteri formativi. Vorrei però precisare che la formazione nello sport segue criteri dettati dal CONI ed in più mi risulta che la nostra Federazione sia anche tra le più severe. A mio giudizio quello che manca è un programma didattico. Mi sembra che ci sia un’esaltazione della gara e del risultato a scapito di valori portanti dello sport come il sacrificio, l’impegno e il lavoro. Noto che usciti dall’attività ludica, i giovani atleti entrano in una spirale di gare per ottenere i punti per il passaggio di patente.
I genitori devono sopportare sacrifici economici enormi per progredire nel nostro sport. Questo non è equo né utile allo sport o alla formazione degli allievi.
Approfondiamo questo punto.
Dobbiamo valorizzare e proteggere i centri ippici che sono l’anello produttivo del la nostra filiera. Oggi il sistema didattico è improntato sulle gare. Se un genitore chiedesse a quanto ammonta il costo per conseguire il primo grado, penso sarebbe impossibile fornirgli una quantificazione certa. Ritengo necessario valutare un programma didattico che consenta una determinazione dei costi e che metta tutti i circoli ippici e tutti gli Istruttori in condizioni di parità rispetto agli obiettivi da raggiungere e ai metodi per conseguirli. Attraverso questi percorsi obbligati, una volta che l’allievo sarà pronto per il passaggio di livello, la Federazione manderà degli esaminatori. Per tal via il circolo potrà mirare le uscite in gara e condividere con i genitori i costi da sostenere. La Federazione potrà così formare un
corpo di esaminatori che privilegino i canoni di stile da lei stessa determinati.
Stiamo parlando di uniformità di giudizio?
Parlo di più esami, nei passaggi di patente, effettuati da esaminatori formati dalla Federazione. Naturalmente ci vorrà uniformità di giudizio. Se in una prova di Dressage, ad esempio, qualcuno assegna un 4 e qualcuno un 7 allo stesso binomio, significa che qualcosa non va. Con un’uniformità nel giudizio, invece, raggiunta attraverso una efficace formazione degli esaminatori,gli allievi che non riuscissero a progredire a causa delle carenze dell’Istruttore, porterebbero l’Istruttore stesso a chiedere aiuto alla Federazione per potersi adeguare ai parametri stabiliti.
E i tecnici federali?
Sono importantissimi! In Italia sono molti e alcuni davvero bravi, ma io li utilizzerei seguendo una logica diversa da quella attuale. Un’altra novità che vorrei apportare è quella che trasformerebbe l’attuale figura del tecnico in quella del “selezionatore”, cioè di colui che dovrebbe sì valutare i binomi più in forma di quel momento, ma anche selezionare quelli con caratteristiche più adatte ad un determinato obiettivo. Nel Salto Ostacoli, per fare un esempio, esistono percorsi in cui è più utile avere un cavallo dai grandi mezzi, così come ne esistono altri in cui il cavallo dai grandi mezzi è relativo, meglio, magari, quello più rispettoso. Il selezionatore, tra l’altro, non dovrebbe assolutamente avere conflitto di interessi nel settore in cui opera. I tecnici, invece, dovrebbero essere finalizzati, “a gettone”, come dico sempre. Ho un gruppo di giovani promettenti? Voglio, in un anno, ad esempio, farli progredire secondo un determinato programma? Benissimo!
Ci rivolgiamo a quel tecnico, gli assegniamo quel compito specifico, quantificando le giornate di lavoro necessarie a raggiungere l’obiettivo e lo paghiamo a giornata di lavoro eseguita.
Per quanto riguarda il settore dell’attività amministrativa, invece?
Vorrei dei consiglieri “politici” con competenze specifiche che si assumano la responsabilità di alcune aree precise. Rapporti istituzionali, perché noi siamo un sindacato dei tesserati i cui interessi vanno tutelati (rapporti con i vari Ministeri, agenzie delle entrate, problematiche previdenziali…). Amministrazione, perché la Federazione fa girare molti soldi provenienti dai tesserati e dal CONI che devono essere amministrati correttamente. Rapporti interni, ossia un dialogo continuo con i comitati regionali, con il personale, con gli organi di giustizia e le associazioni aggregate. Marketing, merchandising e grandi eventi, perché in quest’ambito la Federazione è lacunosa. Penso ad un consigliere con una profonda conoscenza di questa materia che crei un’immagine della Federazione e del singolo evento che permetta al pubblico di riconoscersi. Un prodotto Federazione da vendere agli sponsor in modo interessante. È così che si concepisce un’impresa.
Più volte gli utenti si sono lamentati della scarsa comunicazione tra un settore e l’altro, nonché della mancanza di informazioni e di coordinamento. Come potrebbe risolvere questo problema?
Come detto avrei intenzione di istituire un Centro Studi all’interno della Federazione affidato ad un consigliere, una sorta di laboratorio in cui vengano convogliate e discusse tutte le problematiche del nostro mondo e che possa coordinare le esperienze di ciascuno. Abbiamo, per esempio, veterinari eccezionali, esperti in diversi campi, che però non riescono a collegare le loro conoscenze. Questo organismo avrebbe un ruolo importante nell’ambito sportivo, poiché elaborerebbe le soluzioni migliori e necessarie ad approdare a risultati olimpici. Al di sotto del Centro Studi, poi, immagino una fondazione Onlus che raccolga fondi in vari modi (l’otto per mille, le multe elevate ai cavalieri, il fundraising vero e proprio) da impiegare nella ricerca, nella formazione e, soprattutto, nel sociale.
L’Equitazione comincia, oggi, dai pony. Lei ammette di non conoscere bene questa realtà perché, come molti di noi sanno, prima non esisteva in Italia. Qual è il suo approccio nei confronti di questo importante settore equestre?
Non mi vergogno di dire che, nonostante siano più di 35 anni che sono in mezzo ai cavalli sia come cavaliere oramai amatore e proprietario di cavalli di prima squadra da Salto Ostacoli, sono un neofita dei pony. Le mie tre gemelle sono letteralmente impazzite per i pony. Tramite loro ho piacevolmente scoperto l’importanza di questo settore, perché è proprio con i pony che i bambini si avvicinano all’Equitazione e imparano i valori sportivi della competizione corretta, del fairplay, del rispetto verso il compagno cavallo. Il pony è un mezzo interessante e fondamentale per questo scopo. Penso che si sia commesso un grave errore in passato nel trascurare questo ramo che, attraverso l’intervento di persone competenti come la Professoressa Moroni, aveva avuto un’espansione enorme. Purtroppo successivamente sono state adottate politiche diverse che non hanno certamente
favorito il dipartimento. Parlo del settore Ludico-addestrativo, in modo particolare, che vorrei denominare “promozione e sviluppo”.
Penso che quel dipartimento vada unificato sotto una regia unica che gestisca meglio lo sviluppo della base. Tutti amano assegnare medaglie negli eventi di vertice, ma non dobbiamo dimenticare che il vertice esiste se la base è solida ed ampia. Noi siamo come una piramide che può essere alta solo se la base è larga. L’amico pony è un’attrazione formidabile per questo sport, perché lo rende molto più accattivante e concorrenziale di altri. Non mi spiego come a livello politico non sia stata ancora ben colta questa realtà e come non si sia riusciti a promuoverla efficacemente.
È innegabile l’avversione che, più volte, è stata avvertita nei confronti del Ludico addestrativo.
Io penso che si tratti unicamente di una miopia politica, perché è molto importante che i bambini si avvicinino allo sport nel modo giusto. Mi sento di attribuire alla Federazione un po’ di responsabilità in questo, perché non sempre ha sorvegliato a dovere alcune realtà createsi nel tempo. Potrei apparire nuovamente impopolare, ma mi appello all’etica e alla correttezza nello sport, a principi cioè che potrebbero evitare situazioni imbarazzanti, spesso causa d’insofferenza nei nostri utenti. Vorrei che ci liberassimo da questa parvenza di sport nobile ed elitario per far capire, invece, quanto il rapporto con il pony sia importante per riprendere un contatto profondo con la natura e per trasmettere valori che, forse, nella società moderna, si stanno perdendo.
Un animale che dipende da te 365 giorni l’anno e che, non parlando, va ascoltato attentamente, permette ai più giovani di comprendere quanto il mondo necessiti di attenzione ancor prima che di confronto, dialogo e dialettica che pure restano fondamentali. Lo stesso discorso vale anche per chi, frequentando una scuola pony, entra in rapporti profondamente empatici con “amici condivisi” rendendo evidente anche il valore della collaborazione e dell’assunzione della propria parte di responsabilità.
Come potrebbe la “sua” Federazione venire incontro alle esigenze di coloro che, se pur meritevoli, non hanno i mezzi necessari per progredire in questo sport?
Lei ha centrato una domanda importante. Ritengo che i costi iniziali dell’Equitazione siano accessibili, ma è innegabile che diventino eccessivi ed immorali quando ci si avvicina a competizioni superiori. Purtroppo il mercato di cavalli e pony ci impone, attualmente, prezzi altissimi ai quali siamo costretti ad adeguarci. Non credo sia educativo per i giovani. Per superare questo scoglio una risposta dovrebbe giungere dal nostro allevamento che, se incentivato, sarebbe certamente in grado di offrire soggetti di valore utilissimi alle squadre giovanili. Il binomio cavaliere giovane e cavallo italiano rappresenta, a mio avviso, un’accoppiata vincente sulla quale scommettere per il futuro. A questo si aggiunga comunque quanto dicevamo riguardo alla Fondazione Onlus che dovrebbe avere tra i suoi obiettivi anche quello di incentivare forme di “borse di studio” per i più meritevoli in assenza di mezzi propri.
Nel Veneto hanno dato vita ad un progetto scuola che pare abbia avuto ottimi risultati. Lei pensa che se ne debba seguire l’esempio?
Nel Veneto la Presidente Maria Vittoria Valle sta svolgendo un ottimo lavoro, perché dà molto spazio allo sport e vi si dedica in maniera volontaristica. Questo fa di lei un Presidente moderno e utile all’Equitazione come ce ne sono molti altri sul territorio nazionale. Ritengo che portare il pony nelle scuole sia stata una mossa astuta e abbia rappresentato un segnale importante. La Federazione non deve limitarsi a promuovere questi progetti solo a livello regionale, ma deve renderli nazionali, lavorando in sinergia con le istituzioni ministeriali e dando ai Comitati delle linee guida sulle quali procedere.
Avv. Di Paola, un messaggio diretto ai nostri lettori sulla sua candidatura.
Mi candido perché penso di poter contribuire alla rifioritura della Federazione. Pur volendo preservare la parte migliore dell’esperienza che dal passato ci deriva, il cambiamento generazionale è necessario per riprendere slancio e cambiare un modello di gestione giurassico e non più adeguato alle esigenze dei più. Quello che assieme possiamo fare è dare alla Federazione la possibilità di essere quello che vorremmo fosse: un ente capace di erogare i servizi indispensabili per ogni categoria di utente e che sia sempre in ascolto della propria base per poter procedere in un percorso di crescita collettiva in un ecosistema sano, trasparente e condiviso.
Clicca qui per leggere l’articolo integrale pubblicato sulla rivista “Poniamo”.