D. Avvocato Di Paola, lei è un imprenditore nel mondo della finanza e del mattone, nel settore del volo sportivo e ha una famiglia bella ma anche numerosa. Come riuscirà a conciliare i suoi impegni con una gestione federale che, data la situazione, si ritiene debba essere fatta a tempo pieno?
R. “La Federazione ha circa 70 unità di personale dipendente distribuite fra la sede centrale e quelle regionali. Ritengo che l’organizzazione più razionale e funzionale di queste persone possa già di per sé servire a migliorare le prestazioni della macchina federale.
Nonostante io sia d’accordo sulla delicatezza del momento che la Federazione sta attraversando, non credo affatto che la soluzione sia la presenza costante di un presidente: non è un uomo solo che può risolvere la situazione ma una squadra ben strutturata, competente e motivata a raggiungere gli obiettivi che insieme ci si porrà. Io ho la fortuna di abitare e lavorare a Roma molto vicino alla sede della Federazione dunque certamente non mi mancherà mai la possibilità di essere presente ma il compito del presidente, da questo punto di vista, è dare indicazioni e far sì che ciascuno agisca in modo responsabile e trasparente”.
D. Il suo programma è molto articolato, qualcuno ha detto addirittura faraonico, dal quale emerge, a una prima lettura, una gestione più amministrativa che tecnica.
R. “Come detto, la Fise vive un momento di difficoltà. Questo è dovuto soprattutto al modo in cui la Federazione è stata gestita e amministrata. È in primo luogo per questo che ritengo si debba ripartire da lì, dall’organizzazione e da un miglior modo di gestire. Inoltre bisogna considerare che tutte le Federazioni oggi vanno verso una gestione “aziendale” perché tali sono: entrate dirette per circa 12 milioni di euro l’anno a cui si aggiungono i circa 4 milioni che provengono dal Coni.
I numeri parlano chiaro: abbiamo davanti prima di tutto un’azienda da risanare, solo se si capisce questo si potranno anche ottenere i risultati sportivi che giustamente potranno essere coordinati da tecnici competenti. Considero il mio programma il “minimo sindacale” delle cose che andrebbero fatte e mi impegnerò al massimo per poter conseguire gli obiettivi che come squadra ci porremo”.
D. Nel suo programma non ho visto un tema come la riduzione di spese, tasse, iscrizioni ai concorsi, cose che pesano sui cavalieri…
R. “Credo che a ben vedere nel mio programma si parli anche di questo soprattutto quando si descrive il cambiamento formativo. La riforma della didattica servirà anche ad abbassare le spese che gli sportivi, soprattutto i giovani, sono oggi costretti a sostenere. Il principio che però vorrei chiarire è che la riduzione delle spese per gli utenti può avvenire solo se, prima, si abbattono i costi della macchina Federale. I conti devono tornare dunque è necessario che le minori entrate vengano equilibrate da minori spese. Ora siamo nella fase in cui anche con le entrate che la Federazione riesce a generare non si riesce ad avere un bilancio attivo, è evidente che il meccanismo va modificato profondamente e che per farlo ci vuole criterio, trasparenza e correttezza. Non direi mai che all’indomani di una mia ipotetica elezione riuscirei ad abbattere tutti i costi degli utenti semplicemente perché mentirei. Preferisco dire che mi impegnerò per creare le precondizioni che lo consentiranno”.
D. Come imprenditore le è già capitato di risanare aziende con dei buchi di bilancio?
R. “Faccio l’imprenditore ormai da 20 anni e come tutti sappiamo in un tempo così lungo le cose arrivano a cambiare anche profondamente. Certo mi sono occupato di aziende in diverse condizioni e sono fiero che, nonostante i tempi difficili, le mie aziende siano oggi solide ed in buona salute. Credo comunque che il buon imprenditore sia colui in grado di navigare in ogni mare”.
D. Lei ha conosciuto, sempre in ambito equestre, Paul Gross ed è stato consigliere della signora Dallari. Contestato il primo, commissariata la gestione della seconda. Non ritiene che queste frequentazioni la possano penalizzare in qualche modo, in campagna elettorale?
R. “Vado a cavallo da quando avevo 5 anni, è ovvio che io abbia avuto ogni tipo di frequentazione! E comunque non credo di poter essere giudicato dalle persone che frequento o che ho frequentato, ma saranno gli elettori a dirlo. Paulgross l’ho conosciuto nel 2010, io avevo una scuderia e lui era il Presidente della Fise: va da sé che fosse un mio importante interlocutore. In quanto alla signora Dallari, ho partecipato al suo Consiglio come rappresentante dei cavalieri proprietari, ero l’unico candidato! Fra l’esiguità della sua durata e la necessità di occuparsi solo delle urgenze e non purtroppo delle cose importanti e programmatiche, ritengo difficile giudicare il mio operato in quella circostanza. Per completezza d’informazioni ho conosciuto anche i Presidenti Croce e Checcoli che ho sempre rispettato come figure istituzionali”.
D. Etica, una parola che troviamo ormai in tutti i programmi, tutti “limpidi”; non solo i conti ma anche le persone andrebbero certificate…
R. “Chi si candida a gestire una Federazione non può prescindere da criteri di etica e trasparenza. Gestire denaro altrui, pubblico e privato, deve essere considerato una grande responsabilità ed esige la massima consapevolezza e correttezza. Sono d’accordo, non basta parlarne. Al contrario è necessario seminare il seme del cambiamento culturale che conduce all’agire etico. Il movimento sportivo equestre italiano deve convincersene e contribuire a questo necessario cambiamento”.
D. Bell’impresa!
R. “Sì, è vero, è difficile ma necessario. Ho già iniziato a girare per i centri ippici per esporre il mio programma. Vorrei che le persone avessero voglia di contribuire a renderlo migliore con idee e contributi. Già questo genera cambiamento perché non ho interesse a proporre un programma immodificabile e scollato dalle reali esigenze degli sportivi, delle famiglie, degli operatori e dei vari soggetti coinvolti. Senza la partecipazione non si può andare lontano, anche questo bisogna capire: basta lamentarsi da bordo campo, lavoriamo assieme in fase programmatica e poi realizziamo insieme il cambiamento che vogliamo”.
D. Deleghe. Che mi dice?
R. “Nonostante io sia stato fuori dal mondo equestre per alcuni anni, so che le deleghe erano state concepite come strumento per dare maggior rappresentanza alle persone ma…”fatta la legge, trovato l’inganno”, nel nostro sport se n’è abusato e il risultato è stato quello di creare dei potentati, alla stregua del Granducato di Toscana, dello Stato Pontificio e del Ducato di Milano, che hanno pesantemente condizionato l’operato dei presidenti. Il passaggio ad una sola delega limita ampiamente questo problema e lo risolve in parte. La restante parte può essere risolta con il coraggio di volere il cambiamento: bisogna andare a votare con consapevolezza e nell’interesse collettivo”.
D. A proposito del fatto che lei è stato fuori dal giro equestre per oltre un decennio. Questo non la fa sentire in qualche modo penalizzato nei confronti dei suoi avversari elettorali?
R. “Mi sento invece avvantaggiato. Perché fino al 2010 ho vissuto fuori dai giochi. Non ho pregiudizi o antipatie, e questo mi può consentire di dare dei contributi e soprattutto di prendere nota degli errori passati ed evitare dei problemi”.
D. Nel suo programma sono previsti due vicepresidenti. Uno amministrativo e uno sportivo. Però l’articolo 41 dello Statuto, a meno che non venga cambiato, prevede che sia solo il presidente il responsabile sportivo.
R. “Assolutamente sì, il presidente è sempre responsabile ed è giusto che sia così. Questo però non vieta che il presidente deleghi ai propri consiglieri e collaboratori compiti e responsabilità specifiche. Nella mia idea la Federazione va organizzata in settori diversi, dividendo l’aspetto sportivo da quello gestionale. È solo un modo per semplificare e rendere ciascuno responsabile della parte di cui è chiamato ad occuparsi. Ovviamente la responsabilità generale continua a restare del presidente”.
D. Non le sembra di aumentare così la burocrazia anziché snellirla?
R. “Non credo. Ritengo invece, che sia più corretto e più funzionale attribuire a tutti dei compiti specifici basati sulle proprie competenze. Sono stato consigliere per pochi mesi e paragono quell’esperienza a un viaggio su queste grandi navi da crociera… Io andavo una volta al mese al consiglio, mi mettevano un pacco di carte sul tavolo e io deliberavo tantissimi argomenti e anche riforme di settore che vedevo solo una settimana prima. Era come navigare, aprire l’oblò e vedere ogni volta un posto nuovo. Vivevo pochissimo la vita federale. Al contrario io vorrei che anche i consiglieri si sentissero ingaggiati in un percorso comune, che ne fossero consapevoli, che se ne assumessero la responsabilità in modo onesto e trasparente”.
D. Lei parla anche di cambiamento generazionale.
R. “Non è tanto un fatto anagrafico, che è sbagliato, ma è vero che la Federazione è stata gestita per tanti anni sempre dalle stesse persone. Ritengo che bisogna dare opportunità a persone nuove, a gente della mia generazione, a quella dei 40enni o 50enni oggi in panchina. Sicuramente faremo qualche errore, all’inizio, ma formeremo una nuova classe dirigente, metteremo in pista nuove riforme, con idee differenti Ci troveremo magari lontani dai backgruond precedenti, stratificati e accumulati. Senza però perdere l’esperienza che molte persone si sono fatte, favorendo questo traghettamento verso le nuove generazioni”.
D. Ha citato manifestazioni internazionali. Sempre nel suo programma lei parla di Piazza di Siena, ma forse ci vorrebbe un maggior confronto e contatto internazionale, un più ampio rapporto con la Fei per riportare in Italia qualche gara importante, come una tappa di Coppa del Mondo.
R. “Prima di fare questo bisogna togliere le turbolenze della nostra Federazione e darle un aspetto stabile. Altrimenti né la Fei né gli sponsor si avvicineranno mai al nostro mondo, in questo momento troppo agitato e denigrato. Dobbiamo prima dare stabilità, tranquillità, serenità e obiettivi alla Fise. Poi possiamo permetterci di essere Paese ospitante di eventi importanti; siamo molto ambiti da tutta l’Europa, dovremmo incentivare non solo lo sport ma anche l’accoglienza e il turismo. Mi auguro che il presidente del Coni Malagò riesca a portare a Roma le Olimpiadi del 2024; daranno lustro a tutta la Nazione, che se lo merita”.
D. Vede che il suo programma è ricco? Eppoi ‘tutto gratis’. Voglio dire, il presidente della Fise non riceve compensi. È d’accordo su questa gratuità?
R. “Fare il presidente non deve essere un lavoro esclusivo, per questo trovo giusto che sia un ruolo non retribuito. Questo stava scritto nel nostro statuto fino a pochi anni fa e io ritengo che fosse giusto. Vero è che il Coni comincia a ragionare su possibili compensi ma personalmente non intenderei accedervi, preferirei eventualmente girarli sull’attività sportiva, mi parrebbe più corretto. Ritengo che fare il presidente della Fise non significhi gestire un potere ma piuttosto significhi dare un servizio. Il presidente è solo il primo inter pares dei dieci consiglieri con i quali condivide obiettivi, ideali, principi e responsabilità”.
D. Ancora nel suo programma leggo che i ragazzi che vanno in un centro ippico dovrebbero essere vincolati per circa un anno. Non le sembra che sia una vecchia impostazione di stampo calcistico? Poi, in un blog, su questa sua idea ho letto numerosi commenti negativi, a volte anche duri…
R. “Sì è vero, ci sono stati commenti negativi ma ci sono stati anche quelli positivi. Ritengo che quello del vincolo sia un argomento di cui discutere e su cui ragionare, solo dopo si potranno prendere decisioni. Per la precisione, l’ho derivato non dal calcio ma dalla Federazione Judo e Lotta che mi sembra lavori bene e in modo pulito. Il mio intendimento è di valorizzare le scuole di equitazione e gli allievi. Nelle scuole di equitazione classiche, da cui provengo, si investiva sui ragazzi e, infatti, ricordo persone come Francesco Girardi e Stefano Brecciaroli, miei compagni di sport, che hanno ricevuto tutto il sostegno possibile da Adriano Capuzzo e sono arrivati alle Olimpiadi”.
D. Persone o regioni che la seguono? Possiamo fare nomi, di chi si è già schierato?
R. “Le dico la verità, non ho regioni schierate. Mi sono prefissato un punto di arrivo per i primi di ottobre, quando dovrebbero essere varati in assemblea i cambiamenti dello Statuto. Ho elaborato un programma con amici cavalieri, gente di cavalli, persone che stimo e di cui condivido i principi. Il programma lo vado a presentare alla gente anche con l’idea di migliorarlo, di cambiarlo dopo aver ascoltato nuove idee. Non chiedo risposte, ma solo di digerire questo programma. Se viene digerito, condiviso e assimilato, allora sicuramente potremo fare un percorso insieme e sicuramente se dovessi vincere le elezioni, potremmo evitare di litigare e iniziare a lavorare tutti insieme sugli obiettivi condivisi. A inizio ottobre dunque valuterò il consenso ottenuto, l’interesse, e deciderò se proseguire. Bisogna vincere con un buon margine. Se non si raggiungono quei numeri bisogna avere l’umiltà e lo spirito sportivo di farsi da parte e lasciar passare chi ha numeri più importanti”.
D. Dunque non solo se perde ma anche se solo pensa di perdere….
R. “Assolutamente non penso che queste elezioni possano essere poi frutto di accordi elettorali. Questo è un momento molto importante per la Fise e serve fare delle scelte ben precise e prima condivise. Se vedrò che queste mie scelte, fatte con il contributo di chiunque voglia darlo, non avranno gradimento, lascerò il posto ad altri e rimarrò sempre appassionato e primo tifoso a bordo campo di questo sport”.
D. Un parere sugli altri due candidati.
R. “Vittorio Orlandi è un grandissimo uomo di cavalli, una bravissima persona, un gran signore. A lui l’ho già detto, il suo oggi dovrebbe essere un ruolo di riferimento, potrebbe essere quello di un vate, per noi che vogliamo fare questo cambiamento generazionale Potrebbe essere un padre costituente importantissimo. Lui ha però voluto mettersi in campo e la sua scelta la rispetto. Galeazzi è un amico, di una generazione in più, avrà una decina d’anni più di me, io da ragazzino sono cresciuto nel gruppo loro. Anche lui ha fatto scelte professionali e lavorative al di fuori dello sport. Pure lui ha deciso di mettersi in pista, ognuno ha le sue idee e a sua visone dello sport”.
D. Non pensa che una profonda conoscenza del mondo del cavallo sia fondamentale?
R. “Personalmente ho una scuderia di cavalli da salto ostacoli che in anni recenti ha ottenuto ottimi risultati con la prima squadra italiana in gare molto importanti. Ma a parte questo, ritengo che questo mondo, quello dello sport in generale, sia molto cambiato in questi anni. Ha avuto una accelerazione enorme, bisogna essere al passo di questo cambiamento e bisogna perciò avere una mente già proiettata verso questo cambiamento. Orlandi avrebbe potuto dare un apporto per l’esperienza maturata. Però mettersi in gioco in prima persona oggi forse è un po’ tardi”.
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